Acquadolce di Akwake Emezi | Recensione di Deborah

 

Prima che un’amnesia indotta dal cristo colpisse gli umani, era risaputo che il pitone aveva natura sacra, oltre che di rettile. È la fonte del rivolo, la forma carnale della dea Ala, che è l terra stessa, giudice e madre, dispensatrice di legge. Sulle sue labbra l’uomo nasce e lì passa la vita intera. Ala alimenta in grembo l’oltretomba, i morti le fanno contrarre e appiattire il ventre, sopra di lei una falce di luna.

 

Editore: Il saggiatore
Data di uscita:  28 febbraio 2019
Pagine: 261
Prezzo: 22.00 €

Ada è nata in Nigeria, in un villaggio di terra rossa, ma a diciotto anni si è trasferita negli Stati Uniti per studiare. È un’adolescente come tante: frequenta le lezioni, esce a ballare, si ubriaca, si innamora. Ma Ada è un’adolescente come nessun’altra. La sua mente è abitata da presenze oscure: non sono le paure che assediano ogni coscienza umana, ma spiriti ancestrali della sua terra, reali quanto i compagni di college con cui passa le serate. Questi spiriti l’hanno seguita nel mondo quando è nata e sono rimasti intrappolati dentro di lei. Qui dimorano e combattono e offrono sacrifici di carne alla dea serpente che li ha partoriti, ma quando un evento traumatico minaccia di distruggere questo fragile equilibrio, gli spiriti prenderanno il sopravvento e non si fermeranno davanti a niente pur di difendere la loro Ada.

 

Avete presente quella sensazione di confusione, estasi e stordimento? Sì, proprio come se foste rimasti imprigionati dietro l’oblò di una lavatrice e fosse partita subito la centrifuga. Una sensazione strana generata da un romanzo altrettanto strano e particolare, questo è come mi sento dopo aver terminato la lettura di Acquadolce di Akwake Emezi. Il romanzo d’esordio di questa straordinaria autrice di origini nigeriane è a dir poco spettacolare, assolutamente uno dei titoli più affascinanti nei quali mi sono imbattuta sia a livello di trama che di stile di scrittura. Leggendo Acquadolce si cammina in bilico su un sottile filo teso tra realtà ed esoterismo, sorpresi da un vortice di emozioni, paure e domande.

 

È che ci risucchiano, gli umani, ci calamitano. Sono così turgidi di potenziale e tuttavia così vuoti, hanno spazi sottopelle e nel midollo, ne abbiamo di posto per venire alla luce. Li si può soggiogare, segnare, ungere, scopare, poi, a volte, abbandonare.

 

Parlare di Acquadolce non è facile, non basta uno scritto a rendergli giustizia, questo romanzo contiene tante, tantissime cose, ed è tante, tantissime cose trattate in modo talmente viscerale che coinvolge intimamente il lettore. Questo romanzo porta con sé un forte senso d’intimità, passione e seduzione, ma anche timore, crudeltà, violenza e repulsione; è una storia che esplora i più sporchi e malfamati anfratti dell’animo umano, è una storia che affonda le sue radici nella realtà, nella spiritualità e nelle antiche tradizioni di un popolo. In questo romanzo è contenuta tantissima morte e altrettanto dolore ma paradossalmente Acquadolce è anche esaltazione di vita; ci troviamo immersi nella bellezza della condizione umana, nella sorpresa dell’esplorazione del corpo e delle sensazioni che può regalare. Akwake Emezi nella sua opera affronta tematiche molto sensibili come la religione, la spiritualità, le tradizioni e l’appartenenza, il rapporto con il proprio corpo e con la propria mente, i disturbi mentali, le etichette sociali e l’identità di genere. Acquadolce è un romanzo denso, intenso e travolgente; lo stile di scrittura di Akwake Emezi è pura poesia. L’autrice utilizza vocaboli forti, crudi creando espressioni meravigliose che sembra riescano ad assumere consistenza abbandonando il piatto essere della carta e dell’inchiostro per diventare qualcosa di tangibile, palpabile. In questa opera il tatto e la consistenza sono elementi che sembrano proprio fuoriuscire dalle pagine e assumere una forma propria, sono elementi vitali che Akwake Emezi ci trasmette in modo magistrale.

 

Mi aveva dato questo nome, Asughara, corredato di quel glissando ghiaioso della gola a metà strada. Spero che nel pronunciarlo, sfrega sfrega, vi sanguini la bocca. Quando si dà un nome a una cosa, quella prende vita – lo sapevate? C’è forza in quell’atto, potere bianco osso iniettato d’impeto, come un farmaco che dà tremore. Aspettate un po’, è così che si sentono gli umani? È favoloso.

 

Ada è nata in Nigeria, tra la povere rossa di un piccolo villaggio. Ada non è mai sola, non è mai stata mai sola, neanche mentre le sue cellule si stavano duplicando all’interno del ventre materno. Ada è una ragazza speciale, una ragazza scelta dalla pitone dea Ala per ospitare i suoi figli, gli spiriti ogbanje. Il rapporto tra Ada e gli ogbanje è un qualcosa che va oltre l’essere un mero involucro di carne, Ada è gli ogbanje e gli ogbanje sono Ada, un tutt’uno fatto di carne, ossa e spirito, un miscuglio imperfetto di carne umana e spirito divino. Chi sono gli ogbanje? Gli ogbanje sono dei, spiriti malevoli e dispettosi che nascono in un corpo umano al fine di tormentare la madre del loro ospite, fino a farla assistere alla morte del proprio figlio e quando ciò accade sono pronti ad iniziare di nuovo. Questi spiriti sono parte della credenza religiosa del popolo nigeriano Igbo al quale appartiene la stessa autrice del romanzo. La mente di Ada fin da piccola è tormentata, sente dentro di sé voci che esigono sangue e violenza per saziare la loro logorante fame; queste presenze con la crescita diventano sempre più presenti e pretenziose spingendo la propria ospite ad avere violenti scatti d’ira e a praticare l’autolesionismo. Tagliandosi Ada riesce a sfamare gli ogbanje, per un po’ riesce ad essere lucida, padrona del suo corpo e delle sua vita; non è facile accettare che dentro di sé si custodisce creature divine e crudeli. Al compimento dei diciotto anni Ada si trasferisce negli Stati Uniti per studiare, all’apparenza è una ragazza come tante che si ubriaca e si innamora frequentando i propri coetanei, in realtà dietro a queste azioni comuni nasconde comportamenti estremi che la porterebbero ad essere definita malata. Gli ogbanje infatti diventano sempre più forti, Ada li lascia spesso al comando a vagare in prima linea per prendere corpi su corpi, dolore su dolore.

 

Non ho nemmeno la bocca per raccontarla, questa storia. Il più delle volte sono stanchissima. E poi, qualsiasi cosa dicano loro sarà la versione più autentica, dato che loro sono la versione più autentica di me. È una cosa strana da dire, lo so, consideranto che mi hanno fatta impazzire.

 

La convivenza forzata tra Ada e gli ogbanje sembra improbabile, infondo come è possibile conciliare l’umanità con l’essere divino? Gli ogbanje nonostante la loro natura malevola si affezionano a quella Ada, al suo corpo di carne, ossa e sangue che possono utilizzare a piacimento per esplorare una realtà diversa e lontana dalla propria condizione. Ada nel suo essere tutt’uno con il divino affronta diverse crisi di personalità e d’identità, prima di arrivare ad “accettare” la sua condizione di essere più cose. La protagonista arriva a credere di essere malata di mente, e devo ammettere che anche io ad un certo punto mi sono domandata se tutto questo non fosse frutto della pazzia o di un altro disturbo; ho immaginato che Ada potesse essere rinchiusa in una clinica da un momento all’altro oppure rivelarci di esserci sempre stata. E invece no perché gli ogbanje sono reali. Acquadolce è un romanzo autobiografico. Sorpresi? Akwake Emezi è Ada, molti degli episodi contenuti sono realmente accaduti all’autrice che afferma di ospitare lei stessa questi spiriti. Akwake Emezi nella sua vita ha vissuto il dolore, il disagio e l’alienazione che ci hanno narrato gli spiriti. Sì, i narratori principali sono proprio queste affascinanti figure soprannaturali e devo dire che questo ha reso ancor più impressionante Acquadolce. Entrare nella “mente” delle creature è un’esperienza di lettura che va oltre, si ha la sensazione di toccare con mano qualcosa di più grande e potente, qualcosa di estraneo alla nostra natura.

La lettura di Acquadolce mi ha lasciata senza fiato, mi ha trasportato in un mondo antico e sconosciuto, è stato come camminare sull’orlo di un baratro spalancato su due universi differenti. Acquadolce è un’esperienza da non lasciarsi in alcun modo sfuggire.

 

 

 

May the Force be with you!
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Informazioni su Deborah

Io sono Deborah, una ragazza sognatrice e fantasiosa; con una grande passione per i libri, i film e la scrittura. Sono una ragazza dinamica e attiva, ma quando sento nominare la parola “maratona” mi vedo sul divano con coperta e popcorn a guardare puntate su puntate di serie tv, o la saga completa dei film di Harry Potter!

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